in queste due settimane (che poi solamente due non sembrano a pensarci bene, data la quantità infinita di emozioni ed incontri), finalmente mi sono potuto prendere del tempo per guardarmi dentro e scoprirmi al di fuori della mia confort zone. Ho imparato a gioire per piccoli momenti, come sedersi a tavola dopo una lunga camminata, togliersi le scarpe, stendersi su un letto, intraprendere una conversazione completamente in inglese, abbracciare sconosciuti appena incontrati oppure vedere una cattedrale…cavoli che gioia alla vista di quella immensa cattedrale tanto desiderata.
Ho imparato il minimalismo del preparare uno zaino leggero, solo con l’essenziale, io che quando faccio lo zaino ci metterei qualsiasi cosa; ho imparato cosa vuol dire avere una casa sulle spalle, tutto ciò che ti serve sempre con te; ho imparato la bellezza dell’incontro, la carica che possono darti persone appena incontrate come Xavier e la forza che possono dartene altre che invece hai scelto con te per questa avventura; ho imparato che le persone sono incredibili, dai riservati ma sorridenti galiziani agli stupendi compagni di viaggio pellegrini.
Durante questo viaggio ho incontrato tantissime persone, visto finalmente il maestoso oceano, perso un nonno, provato a parlare molte lingue, tutte senza grandi risultati.
Mi porto a casa tante cose, come un portachiavi a forma di conchiglia, una spilla del canada, una compostela, un passaporto pieno di timbri, un timbro indelebile sul corpo, due rullini pieni di foto e tanta, ma davvero tanta bellezza dentro al cuore.
E si, ora ho capito cos’è la “santiaghite”, quella tremenda voglia di ripartire verso un nuovo cammino alla volta di Santiago, per provare nuovamente queste emozioni indescrivibili. Ma credo proprio che, almeno per un po’ di tempo, dovrò rimandare. Ora mi aspetta un’avventura molto più ardua…la vita di tutti i giorni, la confort zone.
Ho imparato il minimalismo del preparare uno zaino leggero, solo con l’essenziale, io che quando faccio lo zaino ci metterei qualsiasi cosa; ho imparato cosa vuol dire avere una casa sulle spalle, tutto ciò che ti serve sempre con te; ho imparato la bellezza dell’incontro, la carica che possono darti persone appena incontrate come Xavier e la forza che possono dartene altre che invece hai scelto con te per questa avventura; ho imparato che le persone sono incredibili, dai riservati ma sorridenti galiziani agli stupendi compagni di viaggio pellegrini.
Durante questo viaggio ho incontrato tantissime persone, visto finalmente il maestoso oceano, perso un nonno, provato a parlare molte lingue, tutte senza grandi risultati.
Mi porto a casa tante cose, come un portachiavi a forma di conchiglia, una spilla del canada, una compostela, un passaporto pieno di timbri, un timbro indelebile sul corpo, due rullini pieni di foto e tanta, ma davvero tanta bellezza dentro al cuore.
E si, ora ho capito cos’è la “santiaghite”, quella tremenda voglia di ripartire verso un nuovo cammino alla volta di Santiago, per provare nuovamente queste emozioni indescrivibili. Ma credo proprio che, almeno per un po’ di tempo, dovrò rimandare. Ora mi aspetta un’avventura molto più ardua…la vita di tutti i giorni, la confort zone.































